La vicenda vede protagonista un padre, condannato per non aver corrisposto l’assegno mensile di mantenimento alla figlia minore a partire dal 2011.
L’uomo è ricorso in Cassazione lamentando in particolare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato e si è difeso dimostrando che a causa di una consistente decrescita lavorativa è stato costretto a ridurre drasticamente il suo tenore di vita e che l’occupazione successiva non era adeguatamente remunerata. Inoltre, ha fatto evidente che nel 2013 lo stesso restava vittima di un incidente stradale.
La Corte di Cassazione con sentenza n. 48567/19 ha dichiarato inammissibile il ricorso e ha ricordato che, affinché la condotta di chi deve il mantenimento possa considerarsi scriminata, non è sufficiente dimostrare che vi è stata una flessione, una generica difficoltà economica o uno stato di disoccupazione. Occorre infatti fornire la prova di una impossibilità effettiva e assoluta di rispettare gli obblighi di mantenimento verso i figli, così come stabilito dal Tribunale. Prova che l'imputato non è stato in grado di fornire, visto che comunque, durante tutto il periodo in cui non ha corrisposto alcunché per il mantenimento della figlia, ha svolto attività lavorativa. La Corte d'appello infine ha correttamente applicato il principio di diritto per il quale il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare deve essere qualificato come un illecito penale a dolo generico. Non è infatti necessario, affinché si realizzi la condotta omissiva richiesta dalla fattispecie, che il soggetto agisca con la precisa intenzione e volontà di far mancare i mezzi di sussistenza al destinatario bisognoso.
L’uomo è stato quindi condannato alla pena di mesi due di reclusione ed Euro 200,00 di multa per il reato disciplinato dall’articolo 570 c. p. e al risarcimento del danno in favore della parte civile.
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