Di recente la normativa che regola la legge 104 ha subito dei cambiamenti, infatti lo scopo dei permessi non è più quello di garantire un’assistenza costante e continuativa del familiare disabile, ma anche consentire a chi se ne prende cura di recuperare le energie impiegate per la sua cura. Tuttavia, ciò non significa avere piena libertà di assentarsi sul luogo in cui il familiare risiede, ma il dipendente fruitore di tali permessi ha la possibilità di gestirli come meglio crede e negli orari che preferisce, senza però allontanarsi dalla città.
La Cassazione, con sentenza n. 18293/18, si è recentemente pronunciata in merito ad un dipendente che aveva attaccato uno dei tre permessi mensili previsti dalla legge 104 alle sue ferie. In linea teorica non ci sarebbe alcun limite a fruire i permessi anche dopo le ferie, ma in questo caso è stato costatato che il dipendente in questione aveva semplicemente prolungato le sue vacanze in una nota località balneare di un giorno senza mai tornare nel luogo in cui il familiare disabile viveva, snaturando così la finalità dei permessi stessi.
Nel caso di specie, la Corte ha ravvisato gli estremi della giusta causa di licenziamento, poiché l’abuso commesso non consentiva più la prosecuzione del rapporto lavorativo. In passato la Cassazione ha ravvisato nell’abuso dei permessi 104 anche un reato di indebita percezione di contributi statali, visto che il dipendente, che si vede anticipato lo stipendio dal datore di lavoro, il quale però lo compensa con i contributi versati allo Stato, commette in definitiva una frode all’Inps.
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